Il Kata nel Karate-dō, è un esercizio individuale o a squadre che rappresenta un combattimento reale contro più avversari immaginari.
La parola Kata nella lingua giapponese, nell'antichità assumeva il significato di simbolo per enfatizzarne il contenuto spirituale, in seguito assunse il significato più semplice di forma: infatti il kata è un succedersi di tecniche di parata e attacco prestabilite contro più avversari immaginari e forme. Nell'esecuzione dell'esercizio riveste grande importanza proprio la qualità formale delle singole tecniche, delle posizioni e degli spostamenti.
Non ci si deve però fermare all'aspetto estetico: il kata è un vero combattimento, seppur codificato, quindi deve esprimere efficacia, sia dal punto di vista tecnico che strategico.
Per i praticanti rappresenta l'essenza dell'arte marziale perché racchiude in sé sia lo studio delle tecniche fondamentali (Kihon) che il ritmo e la tattica del combattimento (Kumite): è perciò basilare per progredire nella ricerca della Via (Dō). E, dal punto di vista strettamente tecnico, si può ben dire che studiare i Kata è studiare il Karate nella sua completezza, senza quelle limitazioni poste dal Karate agonistico: in questo senso, si può affermare con certezza che non soltanto nei Kata risiede tutto il Karate, ma che le caratteristiche di ogni singolo stile possono essere comprese appieno soltanto dallo studio dei Kata propri dello stile medesimo. Non si deve tuttavia commettere l'errore di interpretare questo assunto nel senso che uno stile è tanto più completo quanto più elevato è il numero dei Kata che in esso si praticano: "Ciò che conta non è il numero di Kata presenti in uno stile, ma che in questi Kata siano rappresentati gli elementi distintivi e caratterizzanti dello stile medesimo.
Ogni kata è composto da una serie di movimenti che ne costituiscono la caratteristica evidente, ma presenta altri elementi che sfuggono alla comprensione più immediata: i maestri che li hanno creati hanno spesso volutamente mascherato il significato di alcuni passaggi per evitare che altri se ne impadronissero. Per esempio i kata vennero mimetizzati in danze innocue, nel periodo in cui ad Okinawa vigeva la proibizione di praticare le arti marziali.
Vi sono dei punti che caratterizzano l'esecuzione di un kata nel karate. Ogni kata inizia e finisce col saluto (rei). L'inchino testimonia un mutato atteggiamento mentale dell'esecutore, che da quel momento esprime tutta la sua forza interiore. Tale stato di massima attenzione (zanshin) si evidenzia in particolare al momento del saluto e del Kiai (grido).
Tutte le tecniche devono essere sostenute dal corretto uso della respirazione e della contrazione addominale (Kime) che, in due particolari momenti esplodono nel kiai. Dimenticare il grido o eseguirlo fuori tempo è indice di emotività, ed è un errore.
I kata si sviluppano su di un tracciato determinato (embusen); se spostamenti e cambi di direzione vengono eseguiti correttamente, il punto di arrivo del kata corrisponde a quello di partenza. Ogni karateka deve individuare un tukui kata (forma preferita), scelto in funzione dell'obiettivo da raggiungere: esame, gara o miglioramento tecnico. Il tukui kata deve quindi cambiare nel tempo per le diverse fasi di evoluzione del praticante.
La parola Kata nella lingua giapponese, nell'antichità assumeva il significato di simbolo per enfatizzarne il contenuto spirituale, in seguito assunse il significato più semplice di forma: infatti il kata è un succedersi di tecniche di parata e attacco prestabilite contro più avversari immaginari e forme. Nell'esecuzione dell'esercizio riveste grande importanza proprio la qualità formale delle singole tecniche, delle posizioni e degli spostamenti.
Non ci si deve però fermare all'aspetto estetico: il kata è un vero combattimento, seppur codificato, quindi deve esprimere efficacia, sia dal punto di vista tecnico che strategico.
Per i praticanti rappresenta l'essenza dell'arte marziale perché racchiude in sé sia lo studio delle tecniche fondamentali (Kihon) che il ritmo e la tattica del combattimento (Kumite): è perciò basilare per progredire nella ricerca della Via (Dō). E, dal punto di vista strettamente tecnico, si può ben dire che studiare i Kata è studiare il Karate nella sua completezza, senza quelle limitazioni poste dal Karate agonistico: in questo senso, si può affermare con certezza che non soltanto nei Kata risiede tutto il Karate, ma che le caratteristiche di ogni singolo stile possono essere comprese appieno soltanto dallo studio dei Kata propri dello stile medesimo. Non si deve tuttavia commettere l'errore di interpretare questo assunto nel senso che uno stile è tanto più completo quanto più elevato è il numero dei Kata che in esso si praticano: "Ciò che conta non è il numero di Kata presenti in uno stile, ma che in questi Kata siano rappresentati gli elementi distintivi e caratterizzanti dello stile medesimo.
Ogni kata è composto da una serie di movimenti che ne costituiscono la caratteristica evidente, ma presenta altri elementi che sfuggono alla comprensione più immediata: i maestri che li hanno creati hanno spesso volutamente mascherato il significato di alcuni passaggi per evitare che altri se ne impadronissero. Per esempio i kata vennero mimetizzati in danze innocue, nel periodo in cui ad Okinawa vigeva la proibizione di praticare le arti marziali.
Vi sono dei punti che caratterizzano l'esecuzione di un kata nel karate. Ogni kata inizia e finisce col saluto (rei). L'inchino testimonia un mutato atteggiamento mentale dell'esecutore, che da quel momento esprime tutta la sua forza interiore. Tale stato di massima attenzione (zanshin) si evidenzia in particolare al momento del saluto e del Kiai (grido).
Tutte le tecniche devono essere sostenute dal corretto uso della respirazione e della contrazione addominale (Kime) che, in due particolari momenti esplodono nel kiai. Dimenticare il grido o eseguirlo fuori tempo è indice di emotività, ed è un errore.
I kata si sviluppano su di un tracciato determinato (embusen); se spostamenti e cambi di direzione vengono eseguiti correttamente, il punto di arrivo del kata corrisponde a quello di partenza. Ogni karateka deve individuare un tukui kata (forma preferita), scelto in funzione dell'obiettivo da raggiungere: esame, gara o miglioramento tecnico. Il tukui kata deve quindi cambiare nel tempo per le diverse fasi di evoluzione del praticante.
I KATA DELLO STILE SHOTOKAN
Lo stile Shotokan attinge dalla tradizione dello Shuri - Te, conservando e codificando 26 Kata (escludendo 3 kata "preliminari" considerati propedeutici). Quindici di questi, considerati la base dello stile, derivano dalle modifiche apportate a scopo didattico dal Maestro Yasutsune "Anko" Itosu, allievo del leggendario Sokon "Busho" Matsumura e a sua volta maestro di Gichin Funakoshi; si tratta, pertanto, di Kata rielaborati nei quali sono certamente visibili le connessioni con i Kata originari dello Shuri - Te, ma che tuttavia risultano profondamente diversi da questi ultimi, rappresentandone delle "stilizzazioni" didattiche successive e funzionali all'addestramento di allievi in età scolare.
I quindici Kata rielaborati dal Maestro Itosu e ripresi dal Maestro Funakoshi sono: i cinque Heian (creati da Itosu con l'originaria dizione "Pin-An" e derivati dai kata Kanku); i tre Tekki (derivati dal kata Naifanchi, purtroppo andato perduto); Bassai-dai; Kanku-dai; Jion; Jitte; Empi; Hangetsu; Gankaku.
Questi kata vengono talvolta definiti fondamentali (Heian e Tekki) e Sentei (i rimanenti). Altri preferiscono classificare Sentei gli stessi kata con l'aggiunta di Bassai-sho e Kanku-sho, eliminando Gankaku (che non è andato soggetto al processo di "stilizzazione" sopra citato), portando così i kata di base dello stile a sedici.
Tra i kata di specializzazione alcuni preferiscono considerare come una tipologia separata i kata Chinte, Meikyo e Wankan. Questi vengono talvolta classificati come hara no kata.
I kata tradizionali derivano da due tipologie stilistiche originarie, non inquadrabili in veri e propri stili:
Shorin e Shorei, l'uno caratterizzato da maggior agilità e velocità di spostamento, quindi più adatto ai combattimenti a lunga distanza, l'altro basato su tecniche potenti e posizioni stabili e quindi più adatto ai combattimenti ravvicinati. Una ipotesi accreditata è che i termini si riferiscano alle scuole dello Shaolin del nord e del sud, che in momenti diversi hanno fatto risentire la propria influenza sulle isole di Okinawa, culla del karate.
La seguente classificazione va presa con relativa flessibilità.
I quindici Kata rielaborati dal Maestro Itosu e ripresi dal Maestro Funakoshi sono: i cinque Heian (creati da Itosu con l'originaria dizione "Pin-An" e derivati dai kata Kanku); i tre Tekki (derivati dal kata Naifanchi, purtroppo andato perduto); Bassai-dai; Kanku-dai; Jion; Jitte; Empi; Hangetsu; Gankaku.
Questi kata vengono talvolta definiti fondamentali (Heian e Tekki) e Sentei (i rimanenti). Altri preferiscono classificare Sentei gli stessi kata con l'aggiunta di Bassai-sho e Kanku-sho, eliminando Gankaku (che non è andato soggetto al processo di "stilizzazione" sopra citato), portando così i kata di base dello stile a sedici.
Tra i kata di specializzazione alcuni preferiscono considerare come una tipologia separata i kata Chinte, Meikyo e Wankan. Questi vengono talvolta classificati come hara no kata.
I kata tradizionali derivano da due tipologie stilistiche originarie, non inquadrabili in veri e propri stili:
Shorin e Shorei, l'uno caratterizzato da maggior agilità e velocità di spostamento, quindi più adatto ai combattimenti a lunga distanza, l'altro basato su tecniche potenti e posizioni stabili e quindi più adatto ai combattimenti ravvicinati. Una ipotesi accreditata è che i termini si riferiscano alle scuole dello Shaolin del nord e del sud, che in momenti diversi hanno fatto risentire la propria influenza sulle isole di Okinawa, culla del karate.
La seguente classificazione va presa con relativa flessibilità.
|
|